Guido Picelli, il comandante
| Borgo Bernabei 57
Nelle giornate dell’agosto 1922, a guidare la resistenza popolare contro i fascisti furono soprattutto le squadre degli Arditi del popolo comandate da Guido Picelli: un figlio dei borghi, un sovversivo molto conosciuto e amato dalla gente del quartiere che, nel maggio 1921, lo aveva persino eletto deputato affinché l’immunità parlamentare lo facesse uscire dalla galera in cui era stato rinchiuso 10 mesi prima.
Picelli era senza dubbio un uomo molto carismatico, sapeva leggere e scrivere (cose non scontate negli ambienti popolari di quell’epoca) e soprattutto sapeva parlare bene. Da giovane era stato attore filodrammatico e da questa esperienza, forse, aveva imparato l’arte di conquistare il cuore della gente; poi era stato in guerra e ne era tornato decorato perché, come dicevano un po’ tutti in Oltretorrente, «aveva del fegato» e sapeva dimostrarlo.
Infine, dopo la grande carneficina europea si era iscritto al Partito socialista e aveva diretto la Lega proletaria mutilati, invalidi e reduci di guerra: in buona sostanza era lui a portare aiuto alle famiglie del quartiere colpite dai lutti più devastanti.
Deputato a Roma nel giugno 1921, Picelli rimase colpito dal nascente movimento degli Arditi del popolo, uomini che si stavano armando contro la dilagante violenza fascista. E pensò che la stessa cosa si dovesse fare nella sua città, per difendere i quartieri e le organizzazioni popolari, sempre più spesso aggrediti dalle camicie nere. E così, anche a Parma almeno 300 uomini dei borghi dettero vita a un combattivo battaglione di arditi che, in una sola notte d’agosto, seppe barricare i rioni popolari e difenderli da migliaia di fascisti.
Fotografie e documenti
L’esperienza vittoriosa della “rivolta di Parma” rese Picelli un dirigente rispettato e ascoltato ben oltre le terre padane ma attirò su di lui anche i progetti di vendetta di numerosi ras fascisti. Qualche mese dopo la Marcia su Roma, nel maggio 1923, dovette dunque trasferirsi a Roma dove divenne un dirigente del Partito comunista d’Italia.
La dittatura, però, non gli diede scampo e, subito dopo le leggi eccezionali fasciste, fu arrestato e inviato al confino di polizia per cinque anni.
Appena libero lasciò il paese: Francia, Unione Sovietica e poi Spagna, nell’autunno 1936, dove si arruolò nelle Brigate Internazionali per difendere la Repubblica popolare.
È qui che morì il 5 gennaio 1937, mentre guidava i suoi uomini in battaglia nei pressi di Mirabueno, sul fronte di Madrid. La fama di Guido Picelli, il comandante, si era diffusa a tal punto che in suo onore furono organizzati ben tre funerali di stato a Madrid, Valencia e Barcellona.
Per saperne di più...
Picelli Guido, La mia divisa. Scritti e discorsi politici, a cura di William Gambetta, Bfs, Pisa 2021.
Pisi Guido, L’ombra incerta dell’eroe. La leggenda di Guido Picelli nelle narrazioni orali dei contemporanei, in Memorie d’agosto. Letture delle Barricate antifasciste di Parma del 1922, a cura di William Gambetta e Massimo Giuffredi, Punto rosso, Milano 2007, pp. 109-125.
Sicuri Fiorenzo, Il guerriero della rivoluzione. Contributo alla biografia di Guido Picelli, UniNova, Parma 2010.
Sicuri Fiorenzo (a cura di), Guido Picelli, testo di Dianella Gagliani, Centro di documentazione Remo Polizzi, Parma 1987.